Ieri ero molto amareggiata. Stanca di vedere gente attraverso lenti a specchio, e quindi forse un po’ stanca di vedere me stessa quando non vorrei, di correre, di vedere seccarume da tutte le parti, di sentire frasi solo riguardo a party dove andare. Io che preferisco le sagre, o le feste, perché ai party se ci vado mi diverto per cinque minuti. Stanca di assistere a scenate di gay-donne che pretendono la prima fila con prepotenza, a quelle di ragazzette che non sono nessuno che vantano titoli palesemente fasulli, dell’esserci a tutti i costi.
Poi ieri ad un certo punto ho bloccato tutti i miei impegni per andare a comprare due focacce e una bicicletta, l’ho chiamata Lina.
Alle 18,30 sono andata senza focaccia (già mangiata) e con Lina da Neil Barrett, in via Senato, e appena ho messo piede nella location sono stata attraversata da un’ondata di meravigliosa normalità e tranquillità: musica dolce, venticello tenero e un cortile battuto da una luce perfetta per rilassarsi.
Nonostante la parentesi di schifo che ho provato quando un ragazzo con gli occhiali dalle lenti a specchio sedutosi vicino a me ha detto: “Io qui non c’entro, sono in prima fila e sto stretto”, e poi alla mia proposta di spostarmi per fargli più spazio se non fosse più arrivato nessuno, si è alzato schifato andando a professare il suo primo posto alla PR, quello di Neil Barrett è stato lo show che mi ha scaldato il cuore, perché era come se fossimo “amici al bar”.
C’erano Dean & Dan Caten, tanti giapponesi, alternativi e “tradizionalisti”. Eravamo lì come ad un matrimonio: seduti su panche bianche ad aspettare ansiosi l’uscita degli “sposi”, che passandoci davanti riflettevano su dei blocchi di specchi che facevano un effetto “uscita da un mondo, entrata in un altro”.
Io non sono amante dei pantaloni corti da uomo, né di calzini in vista con mocassini, ma la sfilata di Neil Barrett mi è piaciuta. Soprattutto per le maglie rigide, geometriche, rigorose, per quei quadretti che ogni tanto pigliavano qualche curva, per quell’aria serena che per un attimo, nella giornata di ieri, ho respirato.
Ieri ho dubitato, mi sono detta: “Ma chi me l’ha fatto fare di vedere certe scene da esaltato, certa gente che non sa godere, se non autonomamente della propria presenza in certi luoghi”. Ma lì è stato diverso, tanto che mi sono voluta conservare quell’immagine, quella cosa bella tornando a casa a pensarci un po’, senza andare a party esclusivi, rumorosi, e troppo dispendiosi d’energia. Volevo pensare con calma alla positività che avevo addosso di quella mosca bianca (e nera).
Comments are closed.
Antonella C'est moi
23 June 2013 at 8:25A me leggere i tuoi post scalda il cuore, perche’ sono senza filtri!!!buona fw cara un abbraccio!!
P.s. con questo post hai catapultato anche me su quelle panche bianche in attesa delll’uscita degli sposi!!!
ChicToChic
23 June 2013 at 10:38Pura poesia, il tuo articolo!!!
Lilli
23 June 2013 at 19:21Ciao Lucia, a parte la parentesi di schifo, deve essere stata una sfilata molto bella!:) Un bacio!