ENNESIMA APOLOGIA DELLA TOSCANA

ENNESIMA APOLOGIA DELLA TOSCANA


Noiosa, monotona, poco originale, tradizionalista, chiamatevi come vi pare perché tanto avete ragione. Sono ancora qui a fare l’apologia della mia terra d’origine (e mica ho finito), la stessa da cui me ne sono andata e sempre la medesima dalla quale non ho alcuna intenzione di perdere dialetto e parlantina. Mi taglierei la lingua piuttosto.
Il punto è che io mica c’entro niente; guardate la prima foto: paesaggio di campagna, verde sotto e azzurro sopra con nuvolette bianche di cotone idrofilo, e sulla destra una macchinina rossa rossa dove vai quanti chilometri farai. Come un disegno delle Scuole Elementari, manca solo una figura materna sulla sinistra. Non ho toccato la macchina, ma ho camminato su quel terreno e ve lo dico: è tutto vero. Quindi, facendo l’apologia di me stessa, ribadisco che non è colpa mia se il tempo di innamoramento di codesti paesaggi è pari a 0,01 millesimi di secondo.
Probabilmente sarà un amore a distanza e molto indipendente, nel senso che meno lo vedo, più lo apprezzo. Poi io sono anche una abbastanza rustica, eh. Sto tutto l’anno a ricevere ospiti che sono rumori di clacson di guidatori stressati e pazzi e a respirare smog, che quando vado da lui i più bei regali sono il rumore delle api e l’aria frizzantina della sera.
Probabilmente non tornerò mai più giù definitivamente, o forse sì, magari avrò un’azienda di olio e vino, un cavallo, due cani e tre gatti. Non ha importanza. La cosa straordinaria è che lì è diverso:     l’emozione di vedere un grattacielo che spunta vanitoso e specchiato a Milano è diverso dal vedere un cartello con su scritto “Bancomat” in mezzo alla campagna.
Pensare che qui ci s’incazza se non si trova il Bancomat della propria banca, lì c‘è quello e basta.
E’ diverso perché qui vedi le bambine che sono già mamme, vestite da grandi e con il passeggino e la propria bambola. vedi una bambola della figlia ormai grande per davvero appesa ad un paletto di legno per allontanare chissà quale animale. c’è un altro tipo di ingegno, ecco.
mi emozionano le stelle, qui no, perché non le vedo, il non fare niente non è perdita di tempo, ma guadagno netto (manco lordo), qui se m’appoggio sul divano un minuto mi pare di buttare via una parte della mia vita, anche se in realtà non ho niente da fare. sto zitta, qui chiacchiero, è come se dovessi sempre riempire i vuoti.
Penso la Toscana sia una sorta di clinica psico e qualcosa ma naturale.
E più cresco, non voglio dire invecchiare perché ultimamente mi danno della 22enne (alè!), più ringrazio di essere cresciuta con i colori delle margherite, l’odore dei cavalli e la simpatia delle lucciole, che in fondo mi sono sempre parse magiche.
E più cresco più mi rendo conto che mi piace essere stata una ragazza di campagna perché di sicuro io i gialli li vedo più gialli e se c’è da buttarmi per terra mi ci butto senza copertina sotto. E poi che ne so, sarà sempre per l’età, ma più vado avanti più la natura mi emoziona (nel senso letterale del termine). Sono una piagnona.
E’ successo di svegliarmi alle 8,00, sgattaiolare fuori dalla camera e rimanere seduta da sola fino alle 9,30 a guardare alberi e praticelli. Senza annoiarmi. E’ stato bellissimo.
Qui sto bene, benissimo, ma quando torno, quelle poche volte, sto da dio, quello è l’Olimpo.
Un consiglio: se volete venire in Toscana io vi suggerisco vivamente La Solaia, un posto oltre che stupendo (vedi le ultime tre foto), con gente stupenda. Sentirsi in famiglia, coccolati ma come da una zia, non come da un’estranea, è stato davvero bellissimo.
Prossimamente un post anche sui vecchini locali, ovviamente.
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