Agosto a (o in) tavola

Agosto a (o in) tavola

È stato un agosto bellissimo. Davvero. Spero che il prossimo agosto del prossimo anno sia esattamente così. È iniziato in Toscana, è continuato tra Napoli e Salerno, ed è finito in Cantabria, Spagna.
Un mese. Quest’anno non me n’è fregato nulla di chiamate, progetti last minute, drammi esistenziali (se non rispondi alla mail entro dieci minuti non esisti), “vite” da salvare (risposte da dare per l’altro ieri, pena l’estradizione): il 31 luglio, il giorno del mio compleanno e anche di qualsiasi scadenza, ho fatto cadere la penna per rialzarla solo in casi di più o meno personali appunti di viaggio, fino al 31 agosto.

Chissà, forse pubblico adesso il post delle vacanze perché è il primo ufficiale giorno di freddo e a volte apprezzo certe cose ancora di più se non ce l’ho, se sono passate. Mi si attua come una sorta di metabolizzazione a lungo termine. O forse perché in questi giorni m’è venuta una voglia spropositata di tornare tra le onde a prendere altre lezioni di surf.
Bè, ormai lo sapete tutti, smarono tutti da agosto con il surf tanto quanto gli influencer di Nike smaronano con le loro corse glam (e non è un’offesa eh) da più di un anno; ma m’è presa davvero una seria botta per lui, il surf. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei innamorata di una tavola. Che sta zitta, gode e subisce con te, e che evidentemente ha una resina magica che ti crea dipendenza. Il dramma, in questo caso, è che sto “solo” a Milano, città ben lungi dal mare.


Ad inizio estate avevo deciso di fare quella che si sarebbe rivelata la mia vacanza ideale: piena di sport, colma di “acqua”, zeppa di gente nuova e nel frattempo di solo me stessa.
Sono partita da sola per Somo, Santander, con l’obbiettivo di stare bene, di scegliere se stare con me stessa o in compagnia, e di fare l’amore con il mare dopo averci litigato.
Poi mi ha raggiunto Amalia, una delle pochissime persone con cui ho capito di poter viaggiare sempre, comunque e dovunque, e mica è facile trovare “un’altra te” con cui convivere praticamente un mese senza mai litigare.
Sul surf lei la ballerina leggiadra, io la Maciste nervosa, fuori dal surf lei yoga-credente, io bicicletta-dipendente, ma entrambe mojito-ricettive.


E abbiamo cominciato ad apprezzare la routine, noi che mai la viviamo, ad alzarci presto per andare a fare colazione (glisso sul sottospecie di hotel che ci hanno affibbiato – e poi ovviamente cambiato – sulla sottospecie di colazione con tanto di tazze sporche e di camere con lenzuola lerce), prepararci per la lezione, per poi correre per il tardo pranzo delle 15,00 (perché dopo le 15,00 non si mangia più), fare due passi, uscire ancora per cena e trovarsi alle 22,00 morte ma tanto felici.
La routine della vacanza scombussolata un po’ solo dagli orari non mantenuti. Che bello poter dire “sono in ritardo” una volta all’anno, io che in ritardo non lo sono davvero quasi mai, cioè non me lo posso mica permettere.
Oppure scombussolata un po’ dagli amici nuovi e temporanei che vanno e vengono: non fai a tempo ad abituarti a qualcuno che quel qualcuno se ne va, e allora o non viene nessuno o viene qualcun altro, che ti sta più o meno simpatico, mai uguale a quello prima.
La routine della vacanza con in mezzo quella fascia oraria 12,00-14,30, che aspetti manco fosse la casa di Barbie sotto l’albero di Natale, e invece è la lezione, il momento di andare in acqua. Aspetti scodinzolando pure il momento più fastidioso del surf: la vestizione, anche se alla fine quella dannata tuta che ti fa diventare il Campione Mondiale di Stretching Forzato la ami, perché ti protegge, è la tua divisa da supereroe.

Non è mai troppo tardi per incontrare certe passioni, per conoscere certi sport che non sono solo sport, ma mezzi alternativi per studiare parti di te che non conoscevi, stili di vita che comprendono, e scusate la parola in inglese, un mood preciso. Perché la verità è che non esiste uno stile di vita da ginnasta, ma ne esiste uno da surfista.
Ringrazio infine Alì, Carlos e José de La Wave Surf che mi hanno insegnato le basi del surf, mi hanno fatta stra-divertire e venir voglia di riprovarci (per la cronaca altre due volte, una, prossimamente vedrete la seconda, spero domani ce ne sia una terza, onde permettendo qui in Italia, e a gennaio di sicuro una quarta).
Non mi resta che dire: alla prossima onda.

 

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  1. Martina

    19 November 2015 at 13:18

    Ci sono sport che non sono solo sport, sono una carezza sull’anima. Anche se ti fanno patire, se passi una notte con i muscoli dolenti, se ti vengono le mani piene di calli, se ti fai lividi, se resti delusa, ma poi raggiungi l’obiettivo. Ci sono Sport con la esse maiuscola, che niente hanno a che vedere con le due ore a settimana di step o corsetta in palestra, e nemmeno con la lezione di pilates. Io ho trovato la mia forza fisica e interiore con la pole dance. Tra poco inizierò anche l’aerial hoop e, non so perché, ma ho l’impressione che mi piacerà ancora di più della pole!
    Nel frattempo, attendo un tuo nuovo libro 🙂

    • Lucia

      20 November 2015 at 7:48

      parole sante!
      Grazie 😉